
Il referendum costituzionale continua a far parlare di sé e non soltanto per le questioni di merito della riforma. Infatti, dopo la dichiarazione di inammissibilità pronunciata dal Tar Lazio il 20 ottobre scorso, sul ricorso proposto da M5S e Sinistra Italiana, relativo al contenuto del quesito referendario ritenuto ingannevole, si discute in questi giorni del ricorso avviato dal costituzionalista Valerio Onida. Il ricorso di Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, è stato presentato in via d’urgenza presso il Tribunale Civile di Milano e ha ad oggetto la legge istitutiva del referendum che non prevede la possibilità di scindere il quesito laddove ci siano modifiche costituzionali molto diverse tra loro.
E’ stato chiesto al Tribunale di Milano, dunque, di sollevare davanti alla Corte Costituzionale una questione di legittimità della legge n. 352/70 laddove non prevede l’articolazione dei quesiti in caso di referendum confermativo. Il giudice del Tribunale Civile, Loreta Dorigo, si era riservata la decisione a seguito della discussione avvenuta lo scorso 27 ottobre, ma ad oggi non c’è stato alcun pronunciamento.
Cosa potrebbe accadere se la questione fosse rimessa alla Corte Costituzionale? Secondo Onida, la Consulta potrebbe sospendere la consultazione referendaria in attesa del giudizio, sulla base di un’interpretazione di legge. Non è dello stesso avviso l’Avvocatura di Stato, secondo la quale la Corte non avrebbe il potere di sospendere le consultazioni del 4 dicembre.
In attesa della decisione della Dorigo, ci sono le prime dichiarazioni sulle ipotesi di rinvio legate soprattutto ai terremoti che hanno colpito il centro Italia. Ad una iniziale apertura del ministro Alfano, possibilista sullo slittamento della data qualora fosse giunta una proposta dalla minoranza, è subito seguita la smentita di Renzi che ha negato in maniera drastica tale possibilità.
Nel frattempo, il nostro referendum è oggetto di esternazioni pubbliche da parte di eminenti esponenti politici esteri. Dopo le dichiarazioni di Obama che ha apprezzato gli sforzi riformisti di Renzi, è giunto anche un apprezzamento da Berlino per il tentativo di riforma del governo italiano, in particolare dal ministro dell’interno tedesco Thomas de Maizière, che ha definito “coraggioso” il tentativo di cambiamento della Costituzione.
A soli 32 giorni dal voto, lo spread tra i Btp e il Bund tedesco a dieci anni ieri ha chiuso a quota 157 punti (1,75 di rendimento contro lo 0,18%). E’ il valore più alto dalla scorsa estate quando le emissioni italiane soffrirono a causa della Brexit. L’incerto esito referendario contribuisce a scoraggiare gli investitori che, secondo il sondaggio della tedesca Sentix diffuso ieri, vedono l’Italia come il principale candidato all’uscita da Eurolandia. Una cosa è certa, qualsiasi sia il responso referendario: l’Italia si presenterà al mondo come un Paese spaccato, per il semplice fatto di non aver condiviso con un consenso più allargato una riforma così importante per tutti gli italiani.
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