
di Paolo Iusco
Oggi televisione, giornali e radio, producono una quantità enorme di comunicazione, quasi impossibile scrivere e narrare la cronaca in modo distaccato, oserei dire senza tema di smentite che la comunicazione mediatica non è mai imparziale. Siamo la nazione dei campanili, del calcio, dei partiti. A Filippo il Macedone è stata attribuita la proprietà della frase: “Divide et Impera”. In tutti questi lunghi anni siamo talmente andati avanti con questa pratica, una vera e propria cultura della frammentazione, che oggi possiamo fregiarci di avere tanti partiti, tanti sindacati, tante categorie, tante lingue. Tanto di tutto e niente di niente. Niente, non abbiamo assolutamente niente. Niente per cui valga la pena di combattere, siamo poveri, mancano basi ed ideologie, sulle quali provare a sviluppare concetti, processi e progetti per la collettività. Quanti sono davvero intimamente convinti che ciò che dicono e fanno sia giusto? Pochi, salvo confidare a se stessi che parlano il politichese. Noi italiani in un certo senso siamo tutti con le mani in politica, tanto da parlare il politichese anche a tavola, anche con i familiari, una nuova attestazione da elencare nel curriculum. Siamo talmente presuntuosi, che viene spesso usata la seguente locuzione : “gli Italiani sono tutti allenatori di calcio, tutti sanno mettere in campo la squadra vincente”. Applicata al momento storico che stiamo vivendo, mi sembra davvero una battuta infelice, ma molto calzante. Sappiamo fare solo chiacchiere. Tante chiacchiere, tanto politichese.
L’aggettivo, affibbiato al linguaggio usato per fare un discorso esprime un giudizio negativo, denuncia l’utilizzo di un linguaggio identico a quello usato per esprimersi da molti uomini e commentatori politici, linguaggio contorto e involuto, per lo più sempre incomprensibile ai cittadini comuni. Ascoltiamo molto spesso ore ed ore di discorsi che non dicono nulla, per questo ci si accontenta anche solo dei proclami, in fondo in un proclamo qualcosa viene detta, poi tra il dire ed il fare si sa c’è in mezzo il mare. Ma almeno qualcosa di comprensibile ci viene servita. Il politichese è il passepartout che apre le porte al pressapochismo. Manca una metrica, manca un metodo di misura, mancano canoni comportamentali, manca l’etica e manca una bussola che possa consegnarci un percorso che consenta di respirare le conquiste solo guardandoci intorno, manca la semplicità, manca l’efficienza, manca la voglia di impegnarsi. Siamo carenti di Naturalismo. Su Wikipedia si legge che “Il Naturalismo è una corrente letteraria che nasce in Francia alla fine dell’Ottocento come applicazione diretta del pensiero positivista e che si propone di descrivere la realtà psicologica e sociale con gli stessi metodi usati nelle scienze naturali. Esso riflette in letteratura l’influenza della generale diffusione del pensiero scientifico, che basa la conoscenza sull’osservazione, sulla sperimentazione e sulla verifica. Lo scrittore deve realizzare la realtà nel modo più oggettivo ed impersonale possibile, lasciando alle cose e ai fatti stessi narrati e descritti il compito di denunciare lo stato della situazione sociale, evidenziare il degrado e le ingiustizie della società. Gli scrittori naturalisti abbandonano la scelta narrativa del narratore onnisciente, che sa tutto dei personaggi e che racconta la storia in terza persona, comune nel romanzo romantico, sostituendola con una voce narrante che assiste ai fenomeni descritti, così come accadono”.
Se gli attuali narratori, scrittori, giornalisti, redattori e direttori delle testate giornalistiche, televisive e radiofoniche, fossero fautori loro per primi del Naturalismo, forse sapremmo giudicare meglio ciò che ci raccontano. Forse sapremmo anche meglio imprimere delle correzioni ai nostri comportamenti, alle azioni quotidiane, forse sapremmo scegliere meglio, se solo fossimo informati sulla storia quotidiana, vera, reale nuda e cruda, se leggessimo racconti epurati da prospettive personalistiche ed inevitabilmente politiche. Siamo la Nazione dell’Arte, della Scienza, della Natura, del Cibo, della Solidarietà. Nel mondo il Made in Italy è sinonimo di qualità. Salvaguardiamolo, pensiamo tutti in positivo per non dividerci, iniziamo dai valori ed interessi comuni e quindi trasversali, per legarci tutti in modo indissolubile. Non possiamo più permetterci che continui ad imperversare il metodo “Divide et Impera” c’è bisogno di riscoprire le convinzioni di Hippolyte Taine ed Emile Zolà per scoprire ed apprezzare il Naturalismo.
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