
di Teresa Manuzzi
È una mattina apparentemente come tante altre, il signor Josef K. aspetta nel suo letto che la signora Grubach gli porti la colazione. Nella sua camera però appaiono due uomini che sono lì per arrestarlo. Questa è la situazione iniziale nella quale si trova il protagonista del libro “Il processo” di Franz Kafka. Del signor Josef non sapremo mai l’intero cognome, ma quella “K” iniziale, rende lapalissiano l’intento autobiografico dello scrittore. Il cognome del protagonista non è l’unica incognita del romanzo. A dirla tutta non si sapranno mai nemmeno le motivazioni che hanno portato al suo arresto. Nessuno sa perché quell’uomo viene processato, non lo non lo sa il protagonista, non lo sanno ai due uomini che vanno a prelevarlo da casa, non ne sono a conoscenza nemmeno i giudici, che elaboreranno la sentenza di condanna. Josef si ritrova, per forza di cose, incastrato in un “flipper”, in un labirinto inestricabile formato da ambienti simili a quelli di un quadro di Escher, con stanze che si dilatano, sale d’aspetto con temperature soffocanti, soffitti che si fanno sempre più bassi e luci sempre più fioche.
Il protagonista di questo romanzo è chiamato ad incarnare l’angoscia dell’uomo moderno, impigliato in una realtà che lo incatena e lo contrasta con tutte le sue forze. La modernità è concepita negativamente da Kafka e assume le sembianze di una gigantesca macchina burocratica di cui non è possibile cogliere i limiti. L’uomo moderno, per l’autore, è un uomo schiavo di regole che non solo non capisce ma che addirittura non conosce. Il mondo è descritto come un susseguirsi di stanze anguste e uffici soffocanti, mentre la vita non è altro che uno scorrere ininterrotto di pratiche burocratiche.
Il piccolo borghese, incarnato dal protagonista del “Il processo”, è così assorbito dalla sua scalata sociale che segue ciecamente i traguardi imposti dalla società e dimentica il suo essere uomo, diventa così una vittima innocente di una colpa inesistente. Josef K., nonostante tutto, non si arrenderà ad una sentenza di condanna per un crimine che ignora, ma su suoi sforzi, purtroppo, saranno vani.
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