
di Lucia Schiraldi
Omaggiare l’opera letteraria di un grande scrittore come Antonio Tabucchi (1943-2012), a distanza di quasi 3 anni dalla sua morte, è quanto di più doveroso si possa fare per coloro che già ne hanno raccolto l’eredità, ma anche per i ‘neofiti’ e gli ignari di questo importante riferimento della storia letteraria contemporanea.
Figlio di una Italia devastata dalla seconda guerra mondiale, Tabucchi ha lasciato un’impronta unica e raffinata come autore di racconti e romanzi (tra cui i premiati “Sostiene Pereira” e “Notturno indiano”), come insegnante universitario, giornalista, intellettuale militante e traduttore dell’opera del portoghese Fernando Pessoa.
La sua scrittura, colta ed elegante, custodisce originali forme di indagine sull’universo umano, forme tanto più relative quanto più il suo sguardo sulla realtà si soffermava sulle zone d’ombra e sui suoi aspetti più misteriosi ed evanescenti. Non stupisce, quindi, che a popolare le sue pagine ci siano personaggi enigmatici e ambigui, fantasmi della memoria e presenze infrante, che si muovono in uno spazio caotico e labirintico alla continua ricerca di significati autentici.
Tabucchi, attraverso i suoi libri, istiga il suo lettore a nutrirsi di una incessante interrogazione su se stessi e sulla realtà circostante, lo invita ad arricchirsi di tutte quelle impressioni, interpretazioni e suggestioni che, nel bene e nel male, il mondo gli offre; egli stesso operò in tal senso, costellando l’intera sua opera di suggestioni, non soltanto letterarie ma anche pittoriche, com’è testimoniato dalla presenza di tanti artisti: da Velazquez, Goya e Bosch ai toscani Beato Angelico, Paolo Uccello e molti altri.
Infatti, era sua consuetudine partire da un’immagine, da un preciso punto di vista per poi rovesciarne o diversificarne la lettura, costruire ulteriori livelli di significato che turbano, affascinano, e catturano l’attenzione verso il misterioso e l’ignoto, ovvero l’altra faccia di una stessa medaglia, che è la vita. Lo stesso scrittore una volta disse: «nell’arte, come nella vita, la verità va cercata al di là delle apparenze» e, probabilmente, Tabucchi si aspettava che il lettore andasse oltre i suoi stessi testi, partecipando attivamente sia alla creazione artistica che alla riflessione sulla realtà circostante.
Facebook
Twitter
Pinterest
Instagram
Google+
YouTube
LinkedIn
Tumblr
RSS