
All’indomani delle elezioni presidenziali il popolo polacco si risveglia con un nuovo orgoglio nazionale: “Polska wybrała” titolano le testate dei giornali gratuiti distribuiti agli angoli delle strade di Varsavia. La “Polonia ha scelto”: Andrzej Duda è il nuovo presidente della Repubblica polacca.
Mai fu più chiara la volontà diretta del popolo, perchè lo ricordiamo, qui in Polonia, l’elezione del Presidente della Repubblica è diretta, non come in Italia in cui viene scelto con votazione del Parlamento in seduta comune.

Insolite “associazioni” di prime pagine di quotidiani polacchi sul retro di un’edicola di strada
– Foto: Antonio Catacchio –
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Inoltre, secondo quanto disciplina la moderna costituzione del 1997, studiata appositamente per annullare gli effetti del comunismo e porre le basi per una “nazione democratica governata dalla legge che implementi i principi di giustizia sociale“, i poteri del Presidente della Repubblica coincidono con quelli del Capo di Stato, il presidente del Consiglio dei Ministri, per intenderci; a questi quindi la possibilità di guidare una nazione detenendo anche l’esecutivo e non esercitando, di fatto, un potere c.d. esclusivamente “neutro” come invece avviene nel nostro paese.
Sono queste allora le ragioni per cui la comunità europeaa non guarda di buon occhio l’esito del suffragio? Oppure i timori degli esperti di politica internazionale risiedono tutti nella vicinanza del nuovo capo di stato con il fratello gemello di Lech Kaczynski, Jarosław? (fonte: LASTAMPA.it)

Hard Rock cafè, Mc Donald, i grattacieli di Varsavia simboleggiano la vittoria del consumismo eretto in pochi anni intorno al Palazzo della cultura e della Scienza – Foto: Antonio Catacchio –
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Molte testate giornalistiche italiane ed estere parlano di “nazionalisti euroscettici, russofobi e carichi di tentazioni autoritarie” al governo (fonte: laRepubblica), ma questo allora non giustificherebbe la circostanza secondo cui: “tra i primi telegrammi di congratulazioni arriva quello di Vladimir Putin, che auspica un «rapporto costruttivo» con un Paese che finora è stato il più ostile alla Russia, soprattutto nella crisi ucraina” (fonte: dagospia.com).
Secondo Adam Easton, inviato della BBC a Varsavia, Duda ha vinto le elezioni perchè i cittadini polacchi si sono stancati di sostenere il presidente Komorowski ed il partito da questi rappresentato “Piattaforma civica”; nonostante la crisi finanziaria globale, infatti, nei suoi otto anni in carica, il partito, pur avendo mantenuto una crescita economica costante della Polonia, ha anche purtroppo rinnegato alcune delle sue promesse come “l’innalzamento dell’età pensionabile attraverso l’introduzione di misure per sostenere l’invecchiamento attivo” (fonte: BBC News), una mossa impopolare; Duda invece con il suo “Diritto e giustizia” ha cavalcato la mancanza dell’avversario promettendo un abbassamento della stessa età pensionabile.
La Polonia negli ultimi 10 anni ha gradualmente “recuperato terreno”, avvicinandosi molto ad uno standard di qualità della vita simile a quello tipico dell’ Europa occidentale, ma la disoccupazione giovanile è ancora alta e i polacchi guadagnano molto di più lavorando nel Regno Unito o in Germania.
Molti polacchi semplicemente non sentono i benefici di 25 anni di crescita ininterrotta e il signor Duda ha rivolto il suo appello a loro.
Ma perchè i polacchi sentono bisogno di un cambiamento più rapido rispetto a quello di cui, in realtà, erano già protagonisti successivamente all’entrata in vigore della costituzione degli ultimi anni novanta?
Komorowski, subentrò 5 anni fa al suo predecessore, Lech Kaczynski, morto in un incidente aereo molto discusso su cui nessuno, fuori dal territorio del voivodato della Masovia, aveva mai avanzato ipotesi diverse rispetto a quelle di un semplice incidente aereo fino a pochi giorni prima della recente sentenza del Tribunale militare polacco (fonte: ilPOST.it).
Lech, in quella occasione, si stava recando a Katyn in Russia, per commemorare il luogo del celebre eccidio in cui 25mila polacchi, tra cui civili e militari, nel maggio del 1940 furono sterminati con relativo occultamento dei cadaveri.
Appare allora plausibile l’ipotesi di molti cittadini, secondo cui, in realtà, il risultato elettorale, che ricordiamo non essere schiacciante ma di uno scarto di democratica maggioranza minima, sia più dovuto non ad una effettiva necessità di accelerare il processo di occidentalizzazione del paese, già in atto da anni, bensì ad un’abile mossa politica, dell’attuale presidente in carica, nel riuscire a raccogliere i consensi di quegli elettori delle regioni orientali al confine con Ucraina e Bielorussia, territori che in un passato storico seppur lontano (Polish–Lithuanian Commonwealth | 1569–1795) già componevano il territorio polacco, delusi dal governo uscente, accusato di aver “tagliato fuori dal processo di crescita nazionale” le classi sociali più svantaggiate proprio di quei luoghi; ipotesi questa, per altro già sostenuta su larga scala da molte testate giornalistiche (fonte: LOOKOUTnews).
Ma, prescindendo dalla volontà popolare, cosa è cambiato a Varsavia da 10 anni fa ad oggi?

Ul. Grójecka: veduta del Palazzo della Cultura e della Scienza di Varsavia (Pałac Kultury i Nauki) che svetta onnipresente per le strade della megalopoli costellata di grattacieli in continua costruzione.
– Foto: Antonio Catacchio – Clicca sull’immagine per ingrandirla
A modesto parere dello scrivente, che esattamente ad agosto del 2005 visitava per la prima volta la città del celebre palazzo della cultura e della scienza (Pałac Kultury i Nauki), palazzo che per diversi decenni è stato il secondo edificio più alto d’Europa, secondo appunto solo all’edificio principale dell’Università statale di Mosca, più alto di soli tre metri, il desiderio di giovani e meno giovani è sempre lo stesso di allora: essere occidentali a tutti i costi.
Ne sono riprova le lunghe file alle casse dei negozi presenti all’interno del megalitico centro commerciale “Zlote Tarasy” (Terrazze d’oro) situato nel cuore di Varsavia a pochi metri dal “palazzaccio di Stalin” in cui esattamente ieri, scrivevo questo articolo seduto ai tavoli di uno degli ultimi piani, mentre sorseggiando una tazza di ottimo Tè inglese non potevo che ammirare le masse di “filo-americani” intenti nel loro shopping frenetico, all’interno della struttura che pochi anni fa era deserta.
Appare però, tuttavia alquanto contradditoria, la circostanza secondo cui sui marciapiedi antistanti lo scintillante “Hard Rock cafè“, che con la sua enorme chitarra-insegna luminosa accoglie i residenti nel suddetto centro commerciale, dieci anni fa i giovani alla domanda “Do you speak english?” rispondevano tutti positivamente, proprio a rimarcare il desiderio di apertura verso uno stile di vita più “angielski” che polacco.
Ma allora non si comprende il motivo per cui oggi, nonostante il desiderio sia sempre lo stesso dall’anno dell’entrata in vigore della costituzione, i polacchi di età compresa tra i 20 e i 45 anni di età, gli unici in grado di poter parlare una seconda lingua diversa da quella imposta nelle scuole durante il regime stalinista, in molti rispondano oggi: “Only polish, please!”
Sarà forse lo spirito nazionalista dettato dai recenti cambiamenti politici a suggerire la necessità di consolidamento di una identità nazionale negata per secoli ad uno Stato il cui alfabeto è dotato di 32 lettere e che, considerando le storiche influenze sovietiche e l’angusto ed infelice dominio tedesco, non ha mai conosciuto l’epoca coloniale?
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