Marijuana: primi studi ufficiali sugli effetti a lungo termine
Dopo decenni di demonizzazione della marijuana, conseguenza della sua estrema versatilità che collide con gli interessi dei grossi colossi industriali (non solo in ambito farmaceutico, anzi…), sono ormai diversi i Paesi che hanno optato per una totale inversione di rotta sull’argomento, si veda il caso dell’Uruguay su tutti, e anche qui in Italia qualcosa inizia a muoversi. Diviene dunque di fondamentale importanza, se si vuol discutere seriamente di legalizzazione, capire quali siano gli effetti a lungo termine della marijuana sul cervello umano e, dallo scorso novembre, finalmente c’è una prima risposta ufficiale al quesito, che sfata, ove ve ne fosse ulteriore bisogno, tanti assurdi miti. Il dibattito sull’eventualità di rendere la marijuana disponibile per tutti, non solo per uso medico, infatti si impernia da sempre sul punto relativo agli effetti che avrebbe su coloro che ne fanno un uso prevalantemente ricreativo per un lungo periodo di tempo.
La ricerca è stata effettuata da un gruppo di studiosi della University of Texas di Dallas e pubblicata sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), organo ufficiale dell’Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti, e dimostra, fra le altre cose,
la totale inesattezza dell’assunto che l’uso di marijuana contribuisce all’abbassamento del QI, fornendo ulteriori prove dell’efficacia del consumo di marijuana per combattere il morbo di Alzheimer; i dati mettono inoltre in evidenza che coloro i quali iniziano ad assumere regolarmente marijuana presentano una maggiore connettività, sia funzionale che strutturale, a livello cerebrale, in pratica il livello di connettività aumenta quanto più aumenta il tempo in cui il soggetto ha fatto regolarmente uso di cannabis. I risultati, certo, necessitano di ulteriori conferme su scala più ampia, dato che lo studio si basa su un campione di soli 100 individui, ma sembrano decisamente incoraggianti.
I ricercatori hanno anche notato una riduzione della materia grigia all’interno della corteccia orbitofrontale, area associata alle dipendenze, per i consumatori di lunga data. Non risultava chiaro se quella specifica regione
del cervello fosse più piccola negli utilizzatori regolari (spiegandone, quindi, l’uso costante) o se fosse stato l’uso regolare a contribuire al cambiamento strutturale del cervello. Un altro studio, pubblicato a gennaio sul Journal of Neuroscience, condotto su un campione di adolescenti e adulti equamente suddivisi fra consumatori regolari e occasionali, non ha rilevato alcuna differenza nella struttura cerebrale dei soggetti collegata alla frequenza dell’assunzione, fornendo utile supporto per l’interpretazione dei risultati della precedente ricerca.
Sebbene sia già stato dimostrato che l’uso di cannabinoidi favorisce la neurogenesi (crescita/ricrescita delle cellule cerebrali) persino negli adulti e produce effetti analoghi a
quelli di ansiolitici e antidepressivi, sebbene sia altresì comprovato da molto tempo che l’uso prolungato di alcolici ha effetti estremamente dannosi sull’organismo umano, resta davvero incomprensibile spiegare perchè l’alcol è legale ovunque e la marijuana solo in alcune (pochissime) nazioni. Se i governi tassano prodotti dannosi per i cittadini come alcolici e sigarette, guadagnando denaro a discapito della salute del popolo, perchè non dovrebbero rendere fruibile per tutti una sostanza che ha numerosissimi effetti benefici? La speranza è che la gente continui ad informarsi e ad informare su questo ed altri importanti temi.
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