
Ad Amazon si lavora in stile Grande Fratello orwelliano? Sì, almeno secondo l’articolo del New York Times, in cui si riportano le dichiarazioni di centinaia di dipendenti del colosso di vendite online. Le accuse sono pesanti, infatti i dipendenti non avrebbero un orario di lavoro stabile e svolgerebbero le loro mansioni anche nei festivi. Inoltre, sempre in questo reportage, chiunque non riesca a reggere 80 ore di lavoro settimanali rischierebbe il licenziamento; e poi tutti i lavoratori sarebbero monitorati costantemente, anche in bagno.
A questo scottante articolo ha voluto replicare il Ceo Jeff Bezos in persona con una lettera aperta ai suoi dipendenti: “L’articolo non rappresenta l’Amazon che conosco io, chiunque lavori in una società come quella descritta dal Nyt sarebbe pazzo a rimanere. Io stesso la lascerei.” ed aggiunge “Se venite a conoscenza di storie come quelle riportate dal New York Times segnalatele ai responsabili del personale o scrivete direttamente a me“. Non ha tardato ad arrivare una controreplica da parte di Beth Adams, moglie di un ex dipendente Amazon, che ha risposto a Bezos, spiegando come, dopo sei anni di lavoro, suo marito sia finito in terapia.
“Quando mio marito ottenne un posto nella tua azienda lasciammo gli amici, la famiglia e il mio lavoro perché pensavamo che questa fosse una grande opportunità. Mio marito era responsabile della gestione del trasporto di software nei magazzini. Con magazzini in giro per il mondo veniva chiamato per risolvere problemi nel cuore della notte e di giorno. Nei pochi momenti in cui era a casa non poteva staccarsi dal computer. Un giorno gli dissero che non stava facendo abbastanza, e dopo quel meeting lo stress fu tale che lui andò in terapia“. A chi credere? Amazon e le società simili “maltrattano” pochi individui, che hanno scelto le condizioni in cui lavorare in virtù del fatto che non disponevano di valide alternative. Un commentatore del web, giustamente, ha scritto “It isn’t just Amazon… it’s corporate America!”.
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