
Sono trascorsi 5 anni esatti dal principio di uno dei conflitti più drammatici degli ultimi tempi.
La guerra in Siria, che proprio in questi giorni con la liberazione di Palmira da parte delle forze di Assad sta vivendo uno dei suoi momenti cruciali, cominciò con delle manifestazioni e proteste pubbliche in linea con la “Primavera araba” il 15 marzo 2011 fino a diventare, oggi, quella che spesso viene definita “terza guerra mondiale” oltre che per la durezza dello scontro, per la sua portata internazionale e la molteplicità degli interessi e delle parti coinvolte.
A pagare le spese di questa profonda lacerazione sono stati e continuano ad essere i civili, quotidianamente esposti ad attacchi mirati che rendono la vita in Siria impossibile e la fuga l’unica via di salvezza auspicabile.
Negli ultimi anni si è assistito ad un vero e proprio esodo: sono 13 milioni i siriani che hanno abbandonato la propria terra in cerca di un presente pacifico e di un futuro migliore, nonostante la progressiva negazione del diritto alla fuga dei Paesi confinanti.
Sono diverse, infatti, le vie attraverso cui uno Stato può rendere estremamente difficoltosa l’evasione dei profughi siriani: dalla più immediata chiusura delle frontiere adoperata da Turchia e Giordania, alla meno diretta ma ugualmente dannosa inesistente tutela legislativa nei confronti dei rifugiati in territorio libanese .
Le condizioni dei profughi siriani presenti in Libano sono assolutamente precarie. Questi, infatti, dal momento che il Paese non è firmatario della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato, non possono godere dei diritti e delle garanzie annesse a questo status giuridico e si ritrovano a dover pagare affitti salatissimi per “vivere” in locali totalmente inadatti o ad essere internati in uno dei 3000 campi informali presenti nel territorio, in cui anche i beni più essenzali e primari come acqua e cibo sono un miraggio.
Proprio dal Libano arrivano in Italia i primi 93 profughi siriani grazie al primo esempio europeo di corridoio umanitario interamente finanziato da privati. Il programma è nato dalla cooperazione della Federazione Chiese Evangeliche italiane, della Comunità di Sant’Egidio e della Tavola Valdese con il Ministero degli Esteri e dell’Interno italiani e prevede il rilascio di 1000 visti umanitari in due anni. E’ previsto, inoltre, che i profughi vengano mandati a Trento, Reggio Emilia e Torino, città in cui le organizzazioni hanno messo a disposizione strutture adibite alla loro locazione.
Questo progetto oltre a costituire un’alternativa sicura ai “viaggi della morte” in mare che i profughi continuano ad intraprendere nell’illegalità pur di scappare dalla fame e dalla guerra, fornisce la dimostrazione che la soluzione all’attuale emergenza umanitaria non passa attraverso barriere, ma attraverso una maggiore collaborazione e la redazione di piani a lungo termine.
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