
di Vincenzo Demichele
L’ultima settimana ha visto Nichi Vendola nell’occhio del ciclone mediatico e social-mediatico. La notizia dell’arrivo del figlio ha infatti calamitato l’attenzione dei principali mezzi di informazione. Così, mentre commentatori (o presunti tali) si trastullavano chiedendosi sostanzialmente se fosse giusto o sbagliato che una coppia gay potesse adottare un figlio, un’altra notizia, forse di maggior rilievo, è passata sotto silenzio: l’ex governatore pugliese è stato rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente Svenduto” riguardante i veleni emessi dall’Ilva di Taranto. L’accusa imputata a Vendola è di concussione aggravata in merito a presunte pressioni che sarebbero state esercitate sull’Arpa.
Nell’inchiesta, fermata a dicembre per l’errore di un cancelliere su un verbale, risultano rinviate a giudizio 44 persone e tre società dei Riva. Fabio e Nicola Riva, componenti della famiglia proprietaria dello stabilimento siderurgico, sono accusati assieme ad altri dirigenti di associazione per delinquere, disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. L’ex governatore pugliese Nichi Vendola dovrà rendere conto invece delle presunte pressioni esercitate sull’Arpa (l’Agenzia regionale per l’ambiente) in favore dell’Ilva. Egli avrebbe minacciato il direttore di Arpa, Giorgio Assennato, di non confermare il suo incarico nel caso in cui non fosse stato accomodante nei confronti dell’impianto siderurgico. Fra gli altri rinviati a giudizio compaiono anche il deputato Nicola Fratoianni (Sel), il consigliere regionale Pd Donato Pentassuglia, il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno e diversi manager e dirigenti dello stabilimento, come l’ex presidente Ilva ed ex prefetto Bruno Ferrante.
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