
Il nome italiano di “brindisi“, sembra che derivi dal tedesco “bring dri’s” che vuol dire brindo a te. L’usanza di augurare il bene o meglio la salute alzando i bicchieri è antichissima. Già ne parlava Omero, con riferimenti nell’Iliade e nell’Odissea ed altri scrittori antichi. In ogni popolo ci sono riscontri di questa abitudine, si pensi al francese “a la sante”, al tedesco “prosit”.
Qualche secolo più tardi in pieno Medioevo, quando i commensali levavano il bicchiere in favore di una donna, solevano buttare nel caminetto oggetti preziosi. Questo, ovviamente avveniva nei feudi e nei castelli, ossia tra i ceti più alti. Anche il popolo però aveva e ha l’abitudine di fare i brindisi, ciò avveniva in occasioni particolari come Natale, Pasqua. Ma è essenzialmente durante i pranzi di nozze, che si sbizzarriva la fantasia creativa con brindisi e battute salaci, forse dovute agli abbondanti banchetti: “cusse vine è bbello e fino à salut du sposìn”; “vine e vinette, bbellee e perfette, trase dalla bbocche e iesce dall’uccellette”. Sono questi veri e propri versi, forse rozzi, ma formulati con la schiettezza che viene dal cuore e da un animo ben disposto.
In genere, nei banchetti nuziali, questi usi tendono a celebrare le virtù tradizionalmente femminili. Ogni brindisi, prende spunto da quello che lo ha preceduto, e a questo punto si innesca un meccanismo irreversibile di applausi a cui fanno eco scrosci di risa. Solo chi vive una vita dura e piena di ostacoli, riesce ad assaporare in pieno i brevi momenti di gioia che la vita offre. E questa è la prerogativa della nostra gente, di noi pugliesi, gente abituata al sacrificio, ma capace di riuscire ad andare avanti con coraggio, vivendo la vita con un pizzico di filosofia.
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