
Nerve, adattamento cinematografico dell’omonimo libro, è la storia di Vee, una liceale emarginata che per scappare dalla solita routine decide di prendere parte ad un social game virtuale. Nonostante la sua insidiosità le regole del gioco sono semplici, infatti basta scaricare un’app sul proprio pc o smartphone e scegliere tra due categorie: Spettatori o Giocatori.
I primi pagano per vedere i secondi compiere diverse azioni (dalle più semplici a quelle più estreme e/o umilianti) in tempo reale. Grazie alle informazioni raccolte in Internet, gli Spettatori sono a conoscenza dei gusti e dei punti deboli dei giocatori e, grazie a essi, costruiscono delle sfide disegnate attorno ad ognuno di loro. Più è alto il numero di follower, più denaro riceveranno i Giocatori; inoltre ci si può ritirare in qualsiasi momento (a patto però di rinunciare a tutto quello ciò che si è guadagnato in precedenza). Ed è proprio questo che spinge Vee, interpretata da Emma Roberts, a far parte della seconda categoria e ad allearsi con Ian, un ragazzo conosciuto nel gioco. Eppure qualcosa nel passato del ragazzo potrebbe mettere in pericolo il futuro della sua famiglia. Che l’innocuo passatempo virtuale sia in realtà un’implacabile trappola mortale? La risposta è al cinema. Ma cosa ha che fare Nerve con il fenomeno della Blue whale? Prima di tutto bisogna mettere in chiaro che questo film è uscito l’anno scorso negli Usa e solo qualche giorno fa è approdato anche nei cinema italiani. A questo punto però viene spontaneo domandarsi se tutto ciò sia stato solo un caso fortuito o una sorta di “premonizione”. Molto probabilmente è la prima, dato che lo scopo dei registi Henry Joost e Ariel Schulman era quello di raccontare una storia d’amore fuori dagli schemi in cui il gioco fosse solo un pretesto per far conoscere i due protagonisti. Ma nonostante ciò, rimangono molte similitudini tra i due “giochi”: da ambo le parti i concorrenti devono filmarsi, compiere azioni più o meno pericolose e inviarle ai curatori/spettatori. In particolare nella Blu whale i “giocatori” devono svolgere una “to-do-list” di 50 giorni che termina con il suicidio.
Questa macabra challenge, nata in Russia, è stata portata sotto i riflettori dal programma tv “Le Iene” con il loro servizio “Suicidarsi per gioco” facendo subito il giro del mondo e creando parecchio allarmismo. Ma quanto c’è di vero in quel servizio? Matteo Viviani, autore del servizio, afferma “Ammetto la mia leggerezza nel non aver fatto tutte le verifiche del caso.” Ma la Tv può davvero permettersi queste leggerezze? Ai posteri l’ardua sentenza. Nello stesso tempo due ragazzi, chiamati “iRognosi”, però si sono posti un quesito ed hanno così postato un video su Youtube chiamato “Blu whale positiva” dove il famigerato mammifero blu è stato sostituito da un più amichevole delfino rosa, ed al posto di pericolose sfide troviamo solo cose positive. Nonostante sia amatoriale, il video è davvero toccante ed ironizza quel tanto che basta su un “gioco” così assurdo.
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