
Da poche ore negli Usa, la Federal Communications Commission (Fcc), l’authority americana per le telecomunicazioni ha votato la misura sulla cosiddetta “Net Neutrality” che modificherà le regole cui si devono attenere i provider di internet e che modificherà in maniera profonda l’internet così come l’abbiamo conosciuto finora.
Questa misura, essendo nazionale, non avrà ripercussioni sull’Europa ed in particolare sull’Italia. Ma che cos’è e che cosa prevede la neutralità della rete? La definizione esatta varia, ma si riferisce ad una rete che non discrimina in base al contenuto e che sia priva di restrizioni da parte dei provider (i fornitori). Infatti in una rete “non neutrale” questi ultimi potrebbero di proposito bloccare, rallentare o fare pagare differentemente l’accesso ai dati. Inoltre sarebbero i servizi a pagamento a prevalere. Per un abbonamento Netflix, oltre alla normale quota bisognerebbe pagare un supplemento al provider Internet. L’accesso paritario alla rete ha permesso a colossi come Google e Amazon di creare la propria fortuna partendo da zero, dal garage come amano ricordare nella Silicon Valley. E, negli anni, altre compagnie hanno potuto affermarsi sul mercato, come Facebook. Le speranze si riversano ora in un intervento del Congresso, che possa riportare la situazione nella norma, a un Internet senza discriminazioni, anche con l’appoggio di parlamentari e senatori repubblicani.
Nel nostro Paese, invece, è in vigore dal 2015 la Dichiarazione dei Diritti di Internet, 14 articoli che disciplinano il rapporto tra cittadini e accesso alla rete. “Internet è un bene comune da preservare”, ha ricordato su Twitter Laura Boldrini. Il Parlamento europeo si è schierato dunque a favore del mantenimento della net neutrality, respingendo le pressioni degli operatori Internet, che vorrebbero modulare il traffico online a loro favore. Ma adesso che gli Usa hanno fatto marcia indietro, c’è il rischio che gli avversari della NN si rivarranno sull’Europa?
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